Storie Personali: DanCer

Scritto da Angelo

Categorie: Storie Personali

25 Novembre 2014

Introduzione: Angelo.

Oggi vi presentiamo una storia di sofferenza e frustrazioni. Ma Daniela non ha mai mollato ed ha sempre cercato una cura indipendentemente da tutto e tutti!

Ricordiamo che questa rubrica non ha nessun obiettivo scientifico o di dimostrare qualcosa di particolare ma, solo ed unicamente, stimolare la curiosità del lettore e magari anche interessanti discussioni e confronti.

Sicuramente mancheranno alcuni particolari, anche rilevanti, a completamento del quadro generale.

Daniela

Come sono arrivata alla Paleo e a riguadagnare salute da intolleranze alimentari e ipertiroidismo.

di DanCer

Quando ti capita che le tue condizioni di salute peggiorano all’improvviso, il più delle volte senza che nessuno sia in grado di darti una spiegazione, hai almeno due possibilità: arrenderti ed accettare il fatto, oppure cercare di capire che diamine ti sta succedendo e studiarti tutte le strade possibili per uscirne al meglio. Per la natura che ho io vale solo la seconda strada.
Nel 1998, all’età di 38 anni, mi fu diagnosticato l’ipertiroidismo (Basedow-Graves). Un fulmine a ciel sereno, avevo sempre goduto di ottima salute, facevo sport da quando ero bambina e nella mia famiglia avevamo sempre mangiato cose sane – o almeno reputate sane al tempo. D’altronde il lavoro che facevo allora era altamente stressante, di responsabilità e con frequenti trasferte in giro per vari paesi, quindi mangiavo spesso quel che capitava e riposavo molto poco. Avevo tutti i fastidiosi sintomi tipici dell’ipertiroidismo, caldo in pieno inverno, mangiavo quantità industriali di cibo continuando a dimagrire (per quanto non ne avessi mai avuto bisogno), occhi sempre più a palla che facevano pensare che fossi sotto cocaina, ecc.

Un medico di un ospedale di Londra, città dove vivevo all’epoca, mi visitò per 5 minuti e mi prescrisse “la solita terapia del caso”, come la chiamò: un soppressore della tiroxina con dosaggio di 600 mcg pro die. Mi diede la bizzarra raccomandazione di “non ingrassare e non dormire troppo” e mi salutò. Uscii perplessa, guardando per tutti i versi quel barattolo consegnatomi all’istante dalla farmacia dell’ospedale: per qualche ragione che allora non avrei saputo spiegare, non mi convinceva proprio. Tanto per cominciare non potevo permettermi di ingrassare e dormire “troppo”, il mio lavoro era altamente dinamico e richiedeva velocità fisica e mentale. E poi non ne avevo alcuna voglia. Non feci mai quella terapia. Chiamai un mio contatto di fiducia al Policlinico Gemelli di Roma, fissai un appuntamento con un bravo endocrinologo e presi un aereo.
Così scoprii che se avessi fatto quella terapia, con quel dosaggio definito “da cavallo” dal mio nuovo medico, sarei rimbalzata in ipo, che poi avrebbe dovuto essere ricorretto verso iper, e così via, fino alla rimozione – considerata più o meno inevitabile – dell’organo tiroideo. Dato che pagavo e parecchio, insistetti per ottenere il miglior trattamento possibile e fui accontentata: un dosaggio minimo di Propycil 100mcg, corretto con 25 mcg di Eutirox da assumere in contemporanea, in più avrei dovuto imparare a rilassarmi il più possibile. Per fortuna conoscevo il Training Autogeno. Entro pochi mesi migliorai e dopo un anno i valori tornarono accettabili, ingrassai di soli 2 kg – si era riformata un po’ di massa muscolare, che era quasi sparita – continuai ad essere sveglia attiva e sportiva senza più “effetto coca” e iniziai a dormire meglio la notte. Tutto risolto? Così sembrava…

Il vecchio secolo era finito e io ero ormai tornata in Italia in pianta stabile. I miei ritmi di lavoro erano cambiati ed erano diventati più calmi. Mentre i valori tiroidei apparivano soddisfacenti ai controlli, andavo sviluppando però sempre più sintomi di ogni tipo che l’endocrinologo non adduceva alla mia condizione né alla cura, che del resto aveva dato ottimi risultati. Dolori addominali e in altre parti del corpo a volte lancinanti, emicranie, una insolita debolezza continua che mi portava sempre più frequentemente alla depressione, pancia perennemente gonfia, senso improvviso di solido torpore, coliti continue con oscillazioni tra periodi di stitichezza totale e diarrea. Il quadro colitico non era del tutto nuovo per me, ma non era mai stato così forte nelle sue manifestazioni. Alcune volte questi sintomi erano di intensità invalidante, ero costretta a restare a casa. Non presi mai nessun antidolorifico o altri medicinali, ho sempre avuto l’istinto di ridurre le medicine solo ai casi strettamente necessari – talvolta facendone a meno anche in quelli.

Feci esami gastroenterologici, controllai valori di ogni tipo nel sangue. Il responso di gastroenterologi, internisti e medici di base era sempre immancabilmente lo stesso: “lei ha buona salute generale, non c’è nessun dato clinico che faccia pensare ad una patologia specifica, si rilassi, queste manifestazioni possono essere collegate allo stress, ecc.”. Questa era la versione gentile.

In un caso che non dimenticherò mai, un gastroenterologo di un noto ospedale di Roma rispose alle mie richieste di spiegazioni dei miei sintomi con tono arrogante e sgarbato, consigliandomi di farmi vedere da un neurologo o da uno psichiatra, dato che secondo lui erano sintomi isterici o ipocondriaci. Non sono un medico, ma guarda caso sono una psicologa e aveva toccato un tasto di mia competenza, oltre che non avere un tono adeguato. Me ne andai in silenzio, diagnosticandogli a mia volta per mio conto una inettitudine marcata alla comunicazione umana ed una evidente tendenza a nascondere dietro arroganza e aggressività le proprie lacune o quelle (evidentissime) della scienza medica stessa. Per non parlare della sua totale ignoranza delle basi per le diagnosi di conversione somatica o di ipocondria che aveva incautamente presupposto.

Alcuni specialisti mi prescrivevano diete a base di crusca, cereali integrali, pasta e pane integrali, legumi, molta verdura e poca carne. Sui latticini non si pronunciavano, ma il latte la mattina non poteva essere eliminato e una mozzarella qua e là ci stava sempre. Zucchero, dolci e cibi industriali non venivano mai neanche nominati, lasciandomi decidere liberamente se assumerli o meno dato che non avevo necessità di dimagrire. C’erano anche prescrizioni di lassativi e di un medicinale a base di cisapride per la motilità delle pareti gastrointestinali. Dovevo fare inderogabilmente tre buoni pasti al giorno, meglio se con spuntini tra l’uno e l’altro.

Notavo che quando provavo a seguire quel tipo di regime i miei sintomi peggioravano. Cominciai per mio conto a fare le prove di eliminazione, concludendo che avrei dovuto abolire i legumi, il latte e tutto ciò che conteneva lievito, nonché i dolci che mi causavano sempre più spesso sbalzi glicemici che avvertivo con tremori e sudori freddi. Inoltre stavo molto meglio se eliminavo del tutto alcuni pasti, anche due al giorno. Tuttavia questi accorgimenti ai quali arrivavo per istinto o per prove ed errori, non erano risolutivi, solo vagamente migliorativi. Mi comprai libri sulle intolleranze e combinazioni alimentari. Qualche esperimento funzionava un po’ meglio, miglioravo per alcuni giorni ma poi tornavano sempre i sintomi, e ogni volta mi sembravano peggiori.

Dopo diversi mesi in questa situazione, i miei valori tiroidei tornarono fuori norma e dovetti ricorrere di nuovo alla terapia farmacologica. Sembrava che ormai dovessi rassegnarmi ad accettare la situazione per quello che era, nessuno poteva aiutarmi, dovevo continuare a barcamenarmi con i soliti esperimenti per conto mio. Il mio medico di base mi disse pure che avrei dovuto rassegnarmi al fatto che col tempo avrei sviluppato diverticolite intestinale, e non ci sarebbe stato nulla da fare per evitarlo… Provai ad andare anche da omeopati e naturopati, ma ottenni solo rimedi palliativi per alleviare il dolore in maniera naturale.

Di ricerca in ricerca arrivai un bel giorno, grazie al consiglio di un’amica, ad un negozio di erboristeria che faceva test sulle intolleranze alimentari. Ovviamente ritenuti non validi dalla scienza medica. Ma ormai mi era chiaro che la scienza medica non poteva far nulla per me. Avevo staccato del tutto la spina, tranne quando necessitavo, episodicamente per pochi mesi, della terapia per la tiroide per rimettere le cose a posto. Per la prima volta in vita mia, quella mattina in un negozio di rimedi erboristici della periferia di Roma, dopo quasi due anni di sofferenze a causa di sintomi inspiegati dalla scienza medica ufficiale e da diversi specialisti, una persona semplice e non laureata, mi parlò del glutine. Avevo fatto in precedenza il test per la celiachia, ma non ero risultata positiva e nessun medico me ne aveva mai parlato. Devo dire che non ne avevo trovato specifica enfasi neanche sui libri che parlavano di intolleranze e combinazioni. La giovane signora mi disse con estrema semplicità che il glutine era una delle sostanze che provocano maggiori problemi di intolleranza alimentare, pur senza arrivare alla celiachia, e che tutti i miei sintomi si potevano spiegare così. Non sapevo in quel momento se potevo crederle, ma avrei fatto qualunque cosa per star bene.

La mia nuova dieta suggerita dai risultati del test consisteva nell’eliminare tutte le farine a base di glutine, tutti i lieviti, tutti i latticini, alcune verdure come le solanacee, alcuni frutti come le banane e le pesche, nonché tutti i prodotti industriali e gli insaporitori a base di glutammato monosodico (al quale capii di essere fortemente allergica a seguito di una cena in un ristorante cinese che dovetti bruscamente interrompere per finire d’urgenza al PS, con dolori alla pancia simili all’avvelenamento). Potevo mangiare farine senza glutine come riso e mais e proteine animali ma non il maiale e tantomeno gli insaccati, molta verdura e frutta tra quelle consentite, e condire solo con olio d’oliva extra vergine. Dopo soli 3 mesi di questo regime alimentare mi sentii semplicemente nuova, come se mi avessero sostituito gli organi malandati con nuovi pezzi funzionanti. Ero piena di energia, scattante e in perfetta salute. A 42 anni avevo ripreso a fare pesi, danza, jogging per una media di 3 ore al giorno (oltre al mio lavoro) con risultati ai quali non riuscivo a credere.

Non si era parlato di Paleo Dieta, e non sapevo neanche cosa fosse. Era il 2002 e il libro di Cordain usciva proprio allora…. Continuai a mantenermi informata sull’alimentazione e non ci volle molto prima di imbattermi nei siti che ne parlavano su internet. Con il tempo feci le dovute modifiche alla mia dieta e smisi di chiamarla dieta. Ero entrata nella nuova era dell’alimentazione, dei rimedi alternativi, e di un movimento inarrestabile e sempre più scientifico che sempre più può dire alla medicina ufficiale di farsi da parte o iniziare a prendere atto di come stanno veramente le cose nell’organismo umano. E che può cambiare il nostro assurdo e tossico sistema di produzione degli alimenti e di curare gli organismi…
Grazie alle molte, dettagliate, attendibili e preziose informazioni che ho trovato sui libri e che trovo quotidianamente su alcuni gruppi di Facebook dei quali faccio parte (in particolare: la pagina del blog che ospita la mia storia evolutamente.it, (ndr. mi raccomando cliccate il “mi piace” su facebook!…); Paleo vs. the World: la Paleo e gli altri stili alimentari a confronto; Tiroide approccio evolutivo amministrata da: il dr. Andrea Luchi), negli ultimi anni sono venuta a conoscenza di cosa siano le malattie autoimmuni, la sindrome dell’intestino permeabile, i danni del glutine, ecc. in breve sono riuscita a dare nomi e spiegazioni scientifiche a ciò di cui ho sofferto anni fa, diventando pienamente consapevole della mia responsabilità nelle scelte alimentari e vincendo sulla minaccia di malattia che incombeva su di me, e che avrebbe solo potuto peggiorare se non avessi fatto tutto ciò che era in mio potere per cambiare il corso degli eventi.

Ringrazio chi mi ha sostenuta, informata, illuminata nelle mie scelte e ringrazio il mio istinto che mi ha sempre guidato e sempre mi guida nel farle.

Altre interessanti Storie Personali

Articoli recenti…

STORIE PERSONALI: VALENTINA

STORIE PERSONALI: VALENTINA

Ricordando che le "storie personali" non hanno nulla di scientifico ma vogliono solo far riflettere nostri lettori,...

STORIE PERSONALI: ANTONELLA

STORIE PERSONALI: ANTONELLA

Ricordo che le esperienza personali vogliono solo fare riflettere e non vogliono influire le scelte dei nostri lettori...