Di Alessio EVO-trainer
Con la crescente popolarità del barefoot running e del barefooting in generale, arrivano puntualmente critiche e preoccupazioni da parte del mondo conservatore.
Questo articolo è volto a fare luce su miti e leggende che cozzano con l’evidenza oggettiva derivante sia dall’esperienza diretta che dagli studi a nostra disposizione.
Proviamo ad analizzare tutti i punti su cui volgono le critiche:
1.IGIENE E INFEZIONI: “ma non è sporco?”, “è pieno di germi”, “e se pesti una cacca?” , “che schifo!”. Questo è solo un assaggio di quello che i barefooters di tutto il mondo si sentono dire ogni giorno, spesso con aria dispregiativa.
Siamo cresciuti (specialmente qui in Italia) con una propaganda germofoba fin da bambini e che ci ha inculcato un terrore maniacale verso i batteri (soprattutto le giovani mamme con i loro poveri pargoli sempre super disinfettati). Leggi qui per più info.
Noi, figli del Napisan e dell’Amuchina siamo cresciuti giurando battaglia ai nostri “acerrimi nemici” batteri, promettendo alla mamma di sterminarli tutti. Risultato? Il nostro sistema immunitario fa schifo!
Abbiamo inevitabilmente alterato il microbiota, con il quale ci siamo co-evoluti nel corso di milioni di anni, mettendo a soqquadro il nostro sistema immunitario e promuovendo allergie, asma e malattie autoimmuni [1], [2].
I microbi, hanno plasmato la vita sulla Terra così come la conosciamo [3], e senza di loro non saremmo nemmeno qui.
Parallelamente alla crescente consapevolezza del ruolo cruciale del microbiota intestinale (tonnellate di studi vengono sfornati ogni giorno), ci si è accorti che anche il microbiota della pelle gioca un ruolo altrettanto importante: “I dati in possesso contraddicono la visione storica riguardante il ruolo dei batteri cutanei e suggeriscono che essi abbiano un importante ruolo protettivo, comportandosi non solo come simbiotici, ma da veri e propri organismi mutualistici “ . “L’eliminazione di questi batteri può distruggere il delicato ecosistema della microflora cutanea lasciando la pelle suscettibile a patogeni tenuti a bada dal profilo batterico pre-esistente”[4].
In parole povere, come per l’intestino (e per l’intero pianeta), anche per la pelle la biodiversità è la chiave della salute [5], [6].
Vediamo brevemente (per i nerd), alcuni dei più interessanti meccanismi mutualistici [7]:
La pelle è in grado di discriminare tra i batteri “buoni”, nostri commensali, e batteri patogeni.
Il meccanismo di discriminazione non è completamente chiaro, ma potrebbe coinvolgere il processo induttivo legato alla tolleranza del sistema immunitario. I recettori TLR possono essere desensibilizzati dalla prolungata esposizione ai microorganismi commensali: o tramite una diminuzione della loro espressione sulla superficie cellulare o tramite l’attivazione dell’ IRAK3 (Interleukin-1 Receptor Associated Kinase 3) e dell’ SOCS1 (Suppressor Of Cytochine Signalling 1).
Lo Staphylococcus epidermidis, ha dimostrato di saper modulare la risposta del nostro sistema immunitario innato, producendo metaboliti in grado di inibire i patogeni, ed è addirittura in grado di cooperare con i peptidi antimicrobici (AMPs) prodotti dal nostro organismo.
Lo S. epidermidis può anche inibire l’infiammazione cutanea tramite un meccanismo di cross-talk attraverso i recettori TLR-2 e TLR3.
La conferma arriva anche dall’evidenza che in alcune malattie della pelle (psoriasi, vitiligine, dermatite atopica), sia stato riscontrato un meccanismo disbiotico [8], [9], [10] (ovviamente si parla di collegamento, che non è necessariamente la causa primaria).
Alla luce di tutto ciò, vogliamo veramente uccidere chi ci aiuta a combattere contro i veri “cattivi”?
Non è stupido e semplicistico voler uccidere tutti i batteri del mondo, quando siamo totalmente dipendenti dal bilanciamento di questo delicato ecosistema per mantenere la nostra salute?
Penso che si possa essere tutti d’accordo sul fatto che camminare scalzi arricchisca la biodiversità microbica.
Passiamo ora ad esaminare l’interno delle tanto amate scarpe, di cui la maggior parte delle persone non riesce proprio a fare a meno: cosa troviamo [11]?
L’interno delle scarpe è molto più “sporco” della suola. Questo posto buio, caldo e umido e con poco ossigeno è la dimora di:
- E. Coli – che può causare crampi addominali, diarrea e vomito.
- B. Serratia Ficaria – che causa infezioni della cistifellea, del tratto respiratorio, vescica e sangue.
- C. Klebsiella Pneumonia– che può distruggere i tessuti polmonari, causare la polmonite e creare infezioni del sangue.
- Muffe – Molto pericolose e proinfiammatorie [12].
Il cattivo odore che ne deriva altro non è che il prodotto fermentativo dei nostri terribili coinquilini (il piede nudo non ha cattivi odori).
Chiediamo allora ai cari detrattori del barefooting: “Meglio mettere i piedi dentro questo fetido tripudio di amenità o camminare scalzi, considerando che perfino la tanto schifata metropolitana presenta una preponderanza di specie batteriche innocue [13]?”
Questo discorso si collega anche con la contestazione, sempre degli amici conservatori, su presunte infezioni e setticemie: un piede abitualmente calzato è molto debole e presenta una microflora compromessa, rendendolo più suscettibile ad infezioni e ad una più lenta e difficile guarigione delle ferite [14], mentre i batteri benefici presenti su un piede abitualmente scalzo, aiutano a mitigare i processi infettivi e ad accelerare il processo di guarigione [15], [16].
2- TETANO: passiamo in rassegna il secondo punto, il famigerato tetano, dovuto alla tossina prodotta dal batterio Clostridium tetani. Qual è il vero rischio di contrarlo?
Il Clostridium tetani è presente nel suolo, nella polvere, nei concimi, nell’intestino di persone e animali.
Se una ferita contiene materiale sufficiente per la sua sopravvivenza ed è coperta senza avere accesso all’aria, il batterio si svilupperà anaerobicamente, producendo il metabolita (la tossina) che avvelena il sangue. Il problema non riguarda quindi la presenza o meno delle spore, ma il metabolismo anaerobico.
Quindi, tagli ed escoriazioni superficiali non rappresentano una minaccia seria e, per infortuni più profondi, la prima misura preventiva è la pulizia della ferita.
Questo non richiede un trattamento antibatterico topico, in quanto la presenza dei batteri in sè non è un problema (come visto prima), l’importante è la rimozione dei detriti.
Il bollettino farmacologico e terapeutico del 1991 riporta che le applicazioni antibatteriche rallentano addirittura il processo di guarigione. Pertanto, è stato raccomandato il solo utilizzo di acqua per sciacquare la ferita e rimuovere le impurità.
Anche il sistema immunitario gioca un ruolo fondamentale, in quanto determina o meno il processo infettivo. Nei paesi in via di sviluppo, contrariamente a quanto si possa pensare e considerando le scarse condizioni igieniche, il tetano è quasi sconosciuto.
Diciamo che come al solito ingigantire le cose e alimentare la paura riempie le tasche di qualcuno che si infischia altamente dell’efficacia e degli effetti collaterali dei prodotti forzati sulla popolazione [17].
Il tetano era una malattia molto rara anche durante l’epoca pre-vaccino, ed era contratta solo da persone altamente immuno-deficienti con carenze croniche di micronutrienti derivanti da diete povere [18].
Che strano, la dieta c’entra sempre, vero?
Oltre agli studi e alle evidenze scientifiche, l’esperienza personale è fondamentale per riempire tutti i tasselli del puzzle.
L’immaginario collettivo delle nostre strade è tappezzato di vetri, chiodi, siringhe e pericoli, mentre la mia esperienza e quella di migliaia di barefooters appartenenti alla SBL (Society for Barefoot Living) dice esattamente il contrario. La mente di chi indossa abitualmente le scarpe non è impegnata a scannerizzare il terreno, e si lascia intimidire da paure, da falsi miti e leggende tramandate dai genitori e dai mass media.
Se provate a prestare attenzione (i barefooters lo fanno sempre) al mondo circostante, vi accorgerete che nessuna delle credenze popolari è vera.
Il tessuto epiteliale glabro (le nostre suole), con l’allenamento raggiungono una cheratinizzazione che le rende molto coriacee e resistenti ma allo stesso tempo sensibili, e si diventa molto più vigili e consapevoli sviluppando un forte “sesto senso” che permette di evitare ostacoli ed imprevisti.
Insomma, camminare scalzi è salutare e sicuro.
3- PARASSITI: è diventata abbastanza comune anche la paura dell’anchilostoma e di altri parassiti [19].
Essi sono presenti prevalentemente nei territori sub-tropicali [20] e, per venire colonizzati, occorre entrare in contatto con enormi quantità di deiezioni e terreni altamente contaminati (cosa alquanto improbabile nei paesi occidentali, soprattutto nelle nostre strade cittadine e nei sentieri di collina e montagna).
A parte questo essi possono essere addirittura benefici per l’organismo umano [21] e, addirittura, impiegati come terapia nei processi infiammatori [22].
Scommettiamo che chi ha mosso preoccupazione nei confronti degli elminti sarebbe il primo ad ospitarli nel proprio intestino per poter continuare a mangiare schifezze, visto che qualcuno ha suggerito che essi siano in grado mitigare gli effetti del glutine nei celiaci [23]? (la follia umana non ha mai fine!!).
4- GUIDARE: Dopo le preoccupazioni in campo igienico, arriva la contestazione più comune: “Ma guidi scalzo?”
Innanzitutto, guidare scalzi è perfettamente legale [24], ed è addirittura più sicuro, vista l’aumentata sensibilità con cui si possono manovrare i pedali, sia nello stacco della frizione che nel dosaggio del gas.
I pedali delle auto in commercio sono ricoperti di morbida gomma e azionabili con facilità perfino da chi non va mai abitualmente scalzo.
Inoltre, il piede nudo non suda e asciuga velocemente quando è bagnato. Si può dire la stessa cosa delle scarpe? Non credo proprio.
Le uniche controindicazioni del barefooting riguardano condizioni climatiche estreme, terreni altamente impervi e alcuni problemi di salute come il diabete.
Quando non è possibile andare scalzi si possono comunque utilizzare le scarpe minimal che hanno un impatto biomeccanicamente modesto.
Per il resto, i benefici scavalcano di gran lunga i rischi, occorre solo liberare la mente da leggende e falsi condizionamenti alla ricerca della verità e non della conferma alle proprie paure.
Riferimenti scientifici:
clicca gli iperlink nel testo.
Chi è Alessio:
Alessio A. 35 anni, laureato in Ingegneria Elettronica ma da sempre appassionato di nutrizione ed esercizio fisico. Ha iniziato a lavorare nel settore nel 2004 come consulente nutrizionale e preparatore fitness presso un negozio di integratori alimentari.
Conseguita la certificazione di Evo Trainer Master e recupero posturale e funzionale, ha effettuato ricerche ed approfondimenti su tutto quello che riguarda il paradigma evolutivo applicato alla salute e al fitness. Barefooter dal 2011 e membro della Society for Barefoot Living aiuta e segue le persone che vogliono affacciarsi albarefoot hiking e al barefoot running.
Per più info su Alessio potete cercarlo sulla sua pagina di google + ed è già autore di due dei più bei articoli di questo blog (qui e qui).