L’evoluzione della dieta: mangiare come i nostri progenitori potrebbe renderci più forti e sani? Seconda Parte.

Scritto da Angelo

Categorie: Nutrizione | Salute

28 Settembre 2014

Meraviglioso reportage fotografico e scientifico recentemente pubblicato dal National Geographic proposto in italiano.

Prima Parte

di Ann Gibbons (National Geographic)
Fotografie di Matthieu Paley
Traduzione: Angelo.

copertina

 

L’evoluzione della dieta. Seconda Parte.

La dieta paleolitica reale, però, non era tutta la carne e midollo. E’ vero che i cacciatori-raccoglitori in tutto il mondo bramano carne più di qualsiasi altro cibo e di solito ottengono circa il 30% delle loro calorie annuali da carne animale. Ma la maggior parte di queste popolazioni deve anche sopportare tempi di magra nei quali possono mangiare meno di una manciata di carne alla settimana. Nuovi studi suggeriscono che più si è mangiato carne nelle diete antiche e più è aumentato il volume cerebrale. 

Osservazioni su tutte le stagioni hanno pure confermato che i cacciatori-raccoglitori hanno spesso insuccesso durante la caccia. I Boscimani, gli Hadza ed i Kung dell’Africa, per esempio, non riescono a procacciarsi carne una volta su due dato pure il loro equipaggiamento primitivo (archi e frecce). Questo suggerisce che fosse stato ancora più difficile per i nostri antenati che non avevano neanche queste armi. “Tutti pensano basti passeggiare nella savana e si trovino antilopi ovunque, solo in attesa di mazzata sulla testa“, afferma il paleoantropologo Alison Brooks della George Washington University, esperto di Kung Dobe del Botswana. Nessuno mangia carne in modo continuativo, tranne che nella regione artica, dove gli Inuit e altri gruppi tradizionalmente ingeriscono fino al 99% delle loro calorie da carne di foche, narvali e pesce.

Come mangiano normalmente i cacciatori-raccoglitori quando non c’è la carne? Si scopre che “l’uomo cacciatore” è sostenuto dalla “Donna raccoglitrice“, che, aiutata dai bambini, fornisce qualche caloria durante tempi difficili. Quando la carne, la frutta o il miele scarseggiano, i raccoglitori dipendono da “alimenti di ripiego“, dice Brooks. Gli Hadza assumono quasi il 70% delle loro calorie dalle piante. I Kung tradizionalmente basano la loro sussistenza su tuberi e noci, gli Aka e i Pigmei Baka del Bacino del fiume Congo sulle patate, i Tsimane e gli Indiani Yanomami dell’Amazzonia sulle banane che cuociono e dalla manioca, gli Aborigeni australiani su erba dado e castagne d’acqua.

Ormai c’è è assodato che la caccia che ci ha resi quelli che siamo oggi”, dice Amanda Henry, un paleo-biologo presso l’Istituto Max Planck per l’antropologia evolutiva di Lipsia. “Francamente, penso che non conosciamo comunque almeno una metà di come sono avvenuti realmente i fatti. Vogliono carne, sicuro. Ma quello, di cui effettivamente vivono, sono alimenti vegetali“. Sono stati trovati granuli di amido da piante sui denti fossili e utensili di pietra, il che suggerisce gli esseri umani possano aver mangiato cereali, così come i tuberi, per almeno 100.000 anni, un tempo sufficiente per sviluppare la capacità di tollerarli.

L’idea che ci siamo fermati con l’evoluzione nel periodo Paleolitico semplicemente non è vera. I nostri denti, le mascelle, e le facce sono diventate più piccole, e il nostro DNA è cambiato dopo l’invenzione dell’agricoltura. “Siamo dunque ancora in evoluzione? Sì! “Dice la genetista Sarah Tishkoff della University of Pennsylvania.

Un prova notevole di quanto sopra è la tolleranza al lattosio. Tutti gli esseri umani neonati digeriscono il latte materno, ma fino a quando il bestiame ha cominciato essere addomesticato 10.000 anni fa, i bambini svezzati non avevano più bisogno di digerire il latte. Infatti hanno smesso di produrre l’enzima lattasi, che scompone il lattosio in zuccheri semplici. Dopo che gli esseri umani cominciarono anche la pastorizia e l’allevamento di bovini, diventò tremendamente vantaggioso digerire il latte, e, la tolleranza al lattosio, si è evoluta in modo indipendente tra allevatori di bestiame in Europa, Medio Oriente e Africa. I gruppi non dipendenti da bovini, come i cinesi e thailandesi, gli indiani Pima del sud-ovest americano, e il Bantu dell’Africa occidentale, rimangono intolleranti al lattosio.

(ndr. secondo il prof. Cordain questo fenomeno sarebbe dovuto  alle cosiddette “pressioni selettive” che in poche generazioni hanno selezionato la popolazione che aveva l’enzima lattasi rendendola predominante, dunque non sarebbe semplicisticamente “evoluzione”. Stesso meccanismo che ha fatto prevalere le persone con carnagioni chiare ed occhi chiari nelle latitudini nordiche per favorire la sintesi della vitamina D).

Gli esseri umani variano nella loro capacità di estrarre gli zuccheri dagli alimenti amidacei mentre li masticano a seconda dei geni che ereditano. Le popolazioni che tradizionalmente mangiano ed hanno mangiato cibi più ricchi di amido, come gli Hadza, hanno più copie del gene rispetto ai Yakut mangiatori di carne della Siberia, e la loro saliva aiuta a scomporre gli amidi prima che il cibo raggiunge lo stomaco.

Questi esempi suggeriscono questa affermazione “siamo quello che mangiamo“. Più precisamente, siamo quello che i nostri antenati hanno mangiato. C’è un enorme variazione tra gli alimenti e come gli esseri umani possono prosperare, a seconda del patrimonio genetico. Le diete tradizionali oggi includono il regime vegetariano dei giainisti dell’India, la dieta carnivora degli Inuit, e la dieta a base di pesce del Bajau, popolo della Malesia (vedi foto sotto). I Nochmani delle isole Nicobare al largo della costa dell’India assumono le proteine animali da insetti. “Ciò che ci rende umani è la nostra capacità di trovare un pasto in qualsiasi ambiente” dice il co-leader dello studio in corso sugli Tsimane, Leonard.

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In foto:  Gli Bajau della Malesia mangiano quasi esclusivamente pesce. Alcuni vivono in case sulla spiaggia o su palafitte; altri non hanno case, ma solo le loro barche.

Gli studi suggeriscono che i gruppi indigeni perdono la salute quando abbandonano le loro diete tradizionali e gli stili di vita attivi per vivere all’occidentale. Il diabete era praticamente sconosciuto, per esempio, tra i Maya del Centro America fino al 1950. Come sono passati ad una dieta ricca di zuccheri, il tasso di diabete è salito alle stelle. I nomadi siberiani, come i pastori di renne Evenk e gli Yakut che tradizionalmente praticavano diete carnee e che, non avevano praticamente nessuna malattia cardiaca fino a dopo la caduta dell’Unione Sovietica, quando molti si stabilirono in città e hanno iniziato a mangiare cibi non tradizionali della loro cultura. Oggi circa la metà degli Yakut che vivono nei villaggi sono in sovrappeso, e quasi un terzo hanno l’ipertensione, dice Leonard. I Tisimane che mangiano regolarmente cibi non tradizionali della loro cultura sono più inclini al diabete rispetto a coloro che si affidano ancora alla caccia e la raccolta.

Per quelli di noi i cui antenati sono stati adattati a diete a base vegetale che hanno posti di lavoro che impone loro di star seduti a lungo potrebbe essere meglio non mangiare tanta carne come uno Yakut. Recenti studi, che confermano risultati precedenti, ci dicono che. sebbene gli esseri umani hanno mangiato carne rossa per due milioni di anni, il consumo eccessivo della stessa aumenterbbe l’aterosclerosi e il cancro nella maggior parte delle popolazioni. I colpevoli non sono solo i grassi saturi o il colesterolo (ndr. i lettori del blog sanno che colesterolo e grassi saturi sono essenziali per una salute ottimale) ma i nostri batteri intestinali quando digeriscono una sostanza nutritiva contenuta nella carne chiamata L-carnitina. In uno studio sui topi, la digestione della L-carnitina ha potenziato ostruzione delle arterie formando la placca. La ricerca ha anche dimostrato che il sistema immunitario umano attacca uno zucchero contenuto nella carne rossa che si chiama Neu5Gc, causando infiammazione che è di basso livello nel giovane, ma che alla lunga potrebbe causare il cancro. “La carne rossa è grande, se si vuole vivere fino a 45 anni”, dice Ajit Varki della University of California, San Diego, autore principale dello studio Neu5Gc. (ndr tu pensa, ci dobbiamo fidare di uno studio sui topi… Preferiamo fidarci di questa review su umani accreditatissima).

Molti paleo-antropologi sostengono che, anche se i sostenitori della dieta paleolitica moderna ci spingono ad evitare alimenti trasformati malsani o magari troppo cotti dalla nostra dieta, tutto ciò non replicherà mai la diversità dei cibi che mangiavano i nostri antenati. Bisogna prendere in considerazione anche gli stili di vita attivi che li proteggevano da malattie cardiache e diabete. “Quello che preoccupa molti paleoantropologi è che in realtà non abbiamo avuto una sola dieta cavernicola“, afferma Leslie Aiello, presidente della Fondazione Wenner-Gren per la ricerca antropologica a New York City. “La dieta umana risale ad almeno due milioni di anni. Abbiamo avuto un sacco di uomini delle caverne là fuori“.

In altre parole, non esiste una dieta umana ideale. Aiello e Leonard in pratica affermano che il vero tratto distintivo dell’essere umano non è la mera pulsione per la carne, ma l’incredibile capacità di adattarsi a molti habitat ed essere in grado di combinare molti cibi differenti ed avere comunque una dieta salubre. Purtroppo la dieta occidentale moderna non sembra essere una di loro.

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In foto: I Kyrgyz delle montagne del Pamir, in Afghanistan settentrionale, vivono ad alta quota dove non cresce vegetazione. La sopravvivenza dipende dagli animali che forniscono latte, carne e merce da barattare.

L’ultimo indizio sul motivo per il quale la nostra dieta moderna può non essere salutare viene da Harvard. Il primatologo Richard Wrangham sostiene che la più grande rivoluzione nella dieta umana non è avvenuta quando abbiamo iniziato a mangiare carne, ma quando abbiamo imparato a cuocerla. I nostri antenati umani che hanno iniziato la cottura tra 1,8 milioni e 400.000 anni fa, probabilmente hanno avuto più figli ed hanno prosperato, dice Wrangham. In pratica la cottura del cibo conferisce allo stesso una sorta di predigestione, così le nostre viscere spendono meno energia per scindere le proteine, di conseguenza assimiliamo più nutrienti rispetto al cibo crudo. Così l’energia in eccesso da più carburante al nostro cervello. “Cucinare produce alimenti più morbidi e ricchi di energia“, dice Wrangham. “Oggi non siamo in grado di sopravvivere con solo cibo crudo non trasformato“, aggiunge, “Ci siamo evoluti a dipendere dal cibo cotto“.

(ndr. in realtà io ho vissuto benissimo 2 anni facendo una paleoRAW)

Per testare le sue idee, Wrangham e i suoi studenti hanno nutrito con cibi crudi e cotti alcune cavie. Quando ho visitato il laboratorio di Wrangham ad Harvard, un suo dottorando, Rachel Carmody, aprì la porta di un piccolo frigorifero per mostrarmi i sacchetti di plastica pieni di carne e patate dolci, una parte crudi ed una parte cotti. I topi allevati con gli alimenti cotti avevano dal 15 al 40% più peso rispetto ai topi allevati solo su cibi crudi. 

Se Wrangham fosse nel giusto, allora la cucina, non solo ha dato i primi esseri umani l’energia di cui avevano bisogno per costruire un cervello più grande, ma li ha anche aiutati ad ingerire più calorie dal cibo in modo che potessero aumentare di peso. Nel contesto moderno, il rovescio della medaglia della sua ipotesi è che potremmo essere vittime del nostro stesso successo. Siamo stati così bravi ad industrializzare gli alimenti che, per la prima volta nell’evoluzione umana, ingrassiamo. “Pani grezzi hanno fatto spazio ai Twinkies, le mele al succo di mela“, scrive. “Abbiamo bisogno di diventare più consapevoli delle conseguenze caloriche che si hanno adottando una dieta ricca di cibi trasformati“.

E’ proprio il passaggio agli alimenti trasformati, che si sta svolgendo in tutto il mondo, che sta contribuendo ad una crescente epidemia di obesità e malattie correlate. Se, nella maggior parte del mondo, si mangiasse più frutta e verdure locali, un po ‘di carne, pesce, e alcuni cereali integrali (come suggerito dalla famosa dieta Mediterranea), ci si allenasse un’ora al giorno, allora tutti i problemi di salute citati sparirebbero.

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In foto: la popolazione di Creta, la più grande delle isole greche, si ciba di una ricca varietà di alimenti tratti dai loro boschi, fattorie ed il mare. Facevano dunque una cosiddetta dieta mediterranea molto prima che diventasse una moda.

Durante il mio ultimo pomeriggio visitando il Tsimane ad Anachere, una delle figlie di Deonicio Nate, Albania, di 13 anni, ci dice che suo padre ed il fratellastro Alberto, di 16 anni, sono tornati dalla caccia e che hanno finalmente catturato qualcosa. La seguiamo fino al rifugio da dove arriva un buonissimo odere di cottura. Vediamo 3 coati sul fuoco. Le pelli sono state raschiate dalla stessa Albania e dalla sorella, Emiliana, di 12 anni che avevano precedentemente portato le carcasse in un ruscello per pulirle e preparale per l’affumicatura.

Le mogli di Nate stanno pulendo due armadilli, preparandole per la cotturai in uno stufato con banane triturati. Nate si siede accanto al fuoco, raccontando la buona giornata di caccia. Prima ha sparato agli armadilli da un ruscello. Poi il suo cane ha avvistato un branco di coati, uccidendone due dopo un inseguimento quando si sono lanciati dall’albero. Alberto li ha mancati al primo colpo ma si è rifatto subito dopo prendendone un altro. Tre coati e due armadilli erano abbastanza, così padre e figlio hanno deciso che potevano tornare a casa.

Mentre i membri della famiglia si godono la festa, guardo il loro bambino, Alfonso, che era stato male tutta la settimana: sta ballando intorno al fuoco, masticando felicemente un pezzo di coda di coato. Nate sembra contento. Stasera ad Anachere, lontano dai dibattiti dietetici, c’è la carne, e questa è davvero una bella notizia!

Riferimento:

http://www.nationalgeographic.com/foodfeatures/evolution-of-diet/

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