Le ridicole paleofantasie dei detrattori della paleo-dieta…

Scritto da Angelo

Categorie: Nutrizione | Salute

5 Marzo 2017

Di Alessio: EVO trainer

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Dall’uscita del primo libro di Cordain (The Paleo Diet) e con la conseguente crescita del movimento Paleo, la propaganda di mainstream ha cercato in tutti i modi di fare il “debunking” del metodo e riportare le pecorelle smarrite all’ovile tornando a mangiare la spazzatura propinata con forza e vigore dall’industria alimentare.

Per far ciò, però, occorre muoversi su vari fronti, uno dei quali è arrivare a dimostrare che nel paleolitico si mangiavano già i cereali.

I primi articoli in tal senso facevano proprio leva sulla scoperta del fuoco (necessario per processare i cereali), propagandata da Richard Wrangham, come chiave della nostra evoluzione (anche se inizialmente si parlava di tuberi cotti piuttosto che di cereali).

Questa ridicola teoria fu sbeffeggiata non solo dall’ottima risposta di Cordain (1), ma anche dal collega stesso di Wrangham ad Harvard, Daniel Lieberman, che ha dimostrato come fosse lo sminuzzamento della carne la chiave del vantaggio evolutivo e non la cottura (2).

Anche il Maestro Giovanni Cianti aveva commentato brillantemente ed in tempi non sospetti la “bufala” di Wrangham.

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(ndr. anche l’editore di questo blog, Angelo Rossiello, già nel 2009 commentò le scoperte di R. Wrangham, in buona parte strumentalizzate).

Nonostante tutto, i media, sono arrivati a dire che gli uomini del paleolitico fossero esperti panettieri. (3), fregandosene altamente sia della optimun foraging theory (raccogliere, macinare e cuocere cereali per renderli edibili avrebbe richiesto più energia di quella estratta da questi alimenti nutrizionalmente poveri), sia del fatto che la tecnologia dell’epoca non permetteva di processare i cereali in modo da renderli più di una consumazione sporadica in periodi critici (4).

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Passa qualche anno e torna alla riscossa la propaganda dominante, con la bizzarra teoria del presunto consumo di cereali nel paleolitico, e non potendo più parlare di paleo-panettieri, si sono inventati che i cereali venivano mangiati crudi, masticati prima della maturazione (5):

“Grasses produce abundant seeds in a compact head, which may be conveniently chewed especially before the seeds mature fully, dry out and scatter” scrive la ricercatrice Karen Hardy.

Il sito “spazzatura” Huffington prende la palla al balzo per enfatizzare la cosa (6) con tanto di foto di un bel pan carrè! (tra l’altro pane estremamente processato, proprio in perfetta antitesi con l’ipotesi degli autori dello studio).

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Prima di tutto, i cereali, dato il loro scarso apporto nutrizionale (vedi tabella), non potrebbero aver rappresentato più che un cibo di mera sopravvivenza in periodo di scarsità.

Inoltre, la teoria dei carboidrati come fonte calorica che “sostiene”  è alquanto bizzarra dal momento che:

  • Chi ha una minima base di conoscenza in nutrizione sa che i cereali sono fonte di “calorie vuote”, nel senso che la scarsa presenza di micronutrienti va ad inficiare la massimizzazione dell’utilizzo dei macronutrienti a scopo energetico. Il processo evolutivo sarebbe stato in questo modo “stupido” a guidarci verso una fonte di energia poco efficiente (fareste mai il pieno ad una Porsche con il gasolio per i trattori?).

Gli animali, non hanno banalmente solo bisogno di calorie per sopravvivere, ma di nutrienti per espletare efficientemente ogni funzione vitale.

  • Il carico di “zuccheri” è necessario esclusivamente per ripristinare la deplezione di glicogeno nelle attività di tipo lattacido, che sono solitamente evitate in natura.
  • Se avessimo bisogno e cercassimo naturalmente solo “calorie da bruciare”, i grassi sarebbero la fonte ideale, visto che forniscono più del doppio dell’apporto calorico rispetto ai carboidrati.

In ogni modo, a parte la stupidità degli articoli dei media, un commento va anche allo studio di Karen Hardy & Co., che presenta una serie di lacune e congetture imperdonabili per un ricercatore che dovrebbe lavorare in modo incondizionato seguendo il metodo scientifico.

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Esaminiamo lo studio in questione (7):

Karen Hardy e il suo team, hanno analizzato il tartaro di un molare di un ominide rinvenuto nella zona archeologica di Atapuerca, in Spagna, datato 1.2 milioni di anni fa.

Secondo i ricercatori, nel dente sono impressi resti di carne, polline, insetti, fibre, e amido derivante da due piante, appartenenti alle famiglie Triticum (la famiglia del grano) e Bromeliacee, con nessuna traccia di trattamento e cottura.

Ed è proprio questa ultima conclusione che lascia perplessi, in quanto la certezza dell’uso di questo antenato del grano come cibo viene poi a scemare se si legge l’articolo integralmente.

Leggendo nel merito, ecco la prima discrepanza che arriva direttamente dal testo:

“La distribuzione bimodale dei granuli di amido è una caratteristica distintiva dei semi delle piante appartenenti alla famiglia Triticum (grano) e in alcune specie di Bromeliacee.

E’ plausibile che queste piante venissero utilizzate come cibo. Esse producono abbondanti semi che possono essere masticati, specialmente prima che essi maturino e si disperdano.

NON E’ NORMALMENTE POSSIBILE IDENTIFICARE LA PIANTA IN BASE ALLA MORFOLOGIA DEI GRANULI DI AMIDO.

Una inalazione accidentale è improbabile perché i granuli sono racchiusi all’interno di una struttura cellulare e non facilmente trasportabili dal vento”.

Ricapitolando, prima partono sicuri con l’affermare che si mangiavano cereali crudi e poi si evince proprio da loro che non è possibile identificare il tipo di pianta partendo dall’amido!

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Sono stati isolati alcuni piccoli gruppi di granuli di amidi bimodali (i più piccoli da 5 a 8 micron e i più grandi da 20 a 30 micron)”.

Vediamo allora se esistono altre piante con una distribuzione glucidica bimodale (granuli più grandi alternati ad altri dalle dimensioni inferiori).

La morfologia di granuli di amido dipende dal contenuto di amilosio e amilopectina.

Ad esempio, le castagne presentano una distribuzione bimodale di amido (8,9), con dimensioni molto variabili che comprendono anche quelle trovate sui reperti.

Anche le patate hanno una distribuzione bimodale (10), seppur con variazioni morfologiche e dimensionali, ma ricordiamo che esse come le conosciamo oggi non esistevano 1 milione di anni fa.

E’ probabile che i granuli appartengano invece a specie di piante, magari estinte.

Ma la cosa ancor più curiosa, è che il grano presenta distribuzioni di granuli diverse a seconda della maturazione, con quelli di tipo A (i più grandi) che si formano subito dopo la fioritura e quelli di tipo B (i più piccoli) sono prodotti solo in seguito (11).

grains

Alla luce di quanto sopra, come si fa ad affermare che i cereali venissero consumati prima della maturazione avendo trovato una distribuzione glucidica che pare riflettere quella relativa alla maturità?

Inoltre, come è possibile nutrirsi di cereali crudi dove l’amido è di tipo resistente (RS1), (12), che è inaccessibile alla nostra digestione?

Probabilmente agli autori sono anche sconosciuti i concetti di antinutrienti ed inibitori enzimatici, che rendono praticamente impossibile l’utilizzo di cereali crudi (non abbiamo il patrimonio enzimatico dei granivori).

Alquanto grottesca è anche questa parte dell’articolo: “Un gruppo simile di amidi bimodali è stato trovato nel tartaro dentale dei cervi, confermando che queste piante erano presenti nell’ambiente circostante e sfruttate sia dagli ominidi che dagli animali”.

Infatti, i cervi sono notoriamente animali granivori, tanto che nei parchi naturali è vietato offrire loro cibo e soprattutto cereali, specialmente mais, che può persino ucciderli (13).

Lasciandoci alle spalle speculazioni e fantasie, diamo un’occhiata alla realtà oggettiva più vicina a noi:

né le popolazioni di cacciatori raccoglitori (14), né di orticoltori (15), hanno MAI utilizzato i cereali come fonte di cibo, mentre le popolazioni tradizionali documentate da Weston Price (16), obbligate a sfruttarli, hanno dovuto ricorrere a particolari tecniche di preparazione (ammollo, fermentazione, ecc..) per cercare di ridurne la tossicità ed aumentare leggermente la biodisponibilità degli scarsi nutrienti in essi contenuti.

Infine, come si spiegherebbe il vertiginoso declino della salute con l’adozione dell’agricoltura se non con un mismatch evolutivo (vedi qui)?

Indubbiamente Karen Hardy e altri membri del team, avevano come scopo primario dimostrare che si mangiavano abbondantemente amidi nella preistoria (17). Questo condizionamento di dover dimostrare per forza risultati positivi, la scarsa visione di insieme data dalla troppa specificità del proprio lavoro e la scarsa dimestichezza con la biochimica dell’alimentazione, hanno probabilmente indotto precipitosi e fuorvianti dichiarazioni.

grasse

Guarda a caso la troviamo a collaborare con Wrangham in alcune pubblicazioni sulla sopravvivenza dei residui amidacei. Ooooppppsssss

Lasciamo per ultima la critica a questa sua frase:

La cottura è stata poi correlata al rapido incremento del cervello”, “gli amidi sono stati un elemento essenziale nello sviluppo del cervello, contrariamente alla credenza popolare rispetto alla “Paleodieta”, il loro ruolo è stato significativo”(18).

Quest’affermazione è assolutamente smentita, infatti la pendenza relativa alla curva di encefalizzazione era già costante molto prima dell’utilizzo del fuoco, e durante l’adozione dell’agricoltura, dove prevaleva l’ampio utilizzo di cibo amidaceo cotto, si è avuta una drastica riduzione delle dimensioni encefaliche (Giovanni Cianti).

Anche il team di Cordain ha avuto un’ottima risposta sulla questione in Big brains do not need carbs.

In conclusione, occorre sempre leggere con attenzione e occhio critico le pubblicazioni e soprattutto evitare i media spazzatura.

Chi è Alessio:
Alessio A. 35 anni, laureato in Ingegneria Elettronica ma da sempre appassionato di nutrizione ed esercizio fisico. Ha iniziato a lavorare nel settore nel 2004 come consulente nutrizionale e preparatore fitness presso un negozio di integratori alimentari.
Conseguita la certificazione di Evo Trainer Master e recupero posturale e funzionale,  ha effettuato ricerche ed approfondimenti su tutto quello che riguarda il paradigma evolutivo applicato alla salute e al fitness. Barefooter dal 2011 e membro della Society for Barefoot Living aiuta e segue le persone che vogliono affacciarsi al barefoot hiking e al barefoot running.
Per più info su Alessio potete cercarlo sulla sua pagina di google + ed è già autore di due dei più bei articoli di questo blog (qui e qui).

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