A cura di Alessio
Continuano le grandi interviste a cura del nostro blog!
Stavolta è il turno di un ricercatore di caratura internazionale: Ian Spreadbury.
Per noi è davvero un grande onore annoverare Ian Spreadbury tra gli intervistati del blog del quale abbiamo, da poco, commentato uno dei suoi più importanti lavori: qui.
Un ringraziamento speciale anche ad Alessio per l’ottima intervista ed il duro lavoro di traduzione.
E’ un’intervista estremamente tecnica e vorrete perdonarci la mancanza di fluidità di lettura del testo in alcuni punti.
Per gli anglofoni abbiamo pensato di proporla anche in originale: qui
Alessio: Puoi darci un breve excursus della tua carriera? Penso che la tua spiegazione riguardante il disastro metabolico attorno a noi sia la più affascinante, logica e comprensiva fino ad ora, che concilia tutti i pezzi di un complicato puzzle. Abbiamo appena pubblicato sul blog un articolo a riguardo, ma puoi darci una breve spiegazione riguardante il nocciolo della tua ricerca e su come ci sei arrivato. Ci piacerebbe sentirlo direttamente da te.
IAN:
Ho studiato neuroscienze, fissando canali ionici sulle cellule ciliate cocleari, recettori dell’acetilcolina nicotinica in cellule coltivate, neurotrasmissione in porzioni del tronco encefalico e infine i neuroni afferenti primari che si proiettano al colon come parte del mio lavoro di 9 anni sulla sindrome del colon irritabile e sulle malattie infiammatorie croniche intestinali, presso la Gastrointestinal Diseases Research Unit alla Queen’s University, a Kingston in Ontario.
Ho sempre avuto la pessima abitudine di trovare dati negativi, così non sono mai diventato professore e non ho mai avuto un laboratorio privato. In quanto tale, ho avuto la possibilità di osservare i problemi scientifici un po’ più in maniera astratta, senza focalizzarmi sulla praticità di assicurarmi sovvenzioni future, dal momento che ero già finito sotto quel punto di vista. Ho risolto i miei problemi di salute attraverso la dieta, e ho trovato mediante un processo progressivo di prove ed errori che una dieta di tipo paleo focalizzata sul cibo vero era quella che funzionava meglio.
Questo ha catturato veramente la mia attenzione e che continuavo a pensare molto circa la spiegazione meccanicistica pratica a tutto ciò, ma mi imbattevo sempre sulle limitazioni teoretiche delle teorie low-carb, e in ogni caso un approccio a più alto contenuto di carbo funzionava bene per me. Mediante la mia esposizione alla ricerca delle malattie gastrointestinali, ero a conoscenza del ruolo del microbiota sulla salute metabolica e sull’aspetto infiammatorio, ma ho capito veramente qualcosa quando stavo leggendo il lavoro di Cleave “La malattia della saccarina”, dove l’autore menzionava un’ idea che coinvolgeva il microbiota e gli effetti suggeriti dei cibi vegetali cellulari contro carboidrati sfarinati sull’incidenza di diverticolite e appendicite nel mondo in via di sviluppo prima della transizione alimentare. Dal momento che ora sappiamo molto di più circa il potere del microbiota, ho realizzato che questa ovvia ed intuitiva capacità dei microbi di discernere tra cibi viventi e cibi in polvere, potrebbe essere l’anello mancante riguardante l’obesità e le condizioni infiammatorie. Più penso a tutto ciò senza trovare nessuna buona ragione per cui questo non possa funzionare, e più trovo ramificazioni che sembrano spiegarlo, e penso sempre più che tutto ciò possa essere ampiamente corretto. Alla fine ho letto un articolo sul governo inglese che stava seriamente propagandando che le persone avevano bisogno di incentivare i figli a fare più esercizio fisico per contrastare l’obesità da piccoli. Questa assurdità è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, a quel punto avevo il dovere morale di scrivere qualcosa di migliore che potessi e pubblicarla da qualche parte. Tristemente, la necessità pratica di mantenere quell’obiettivo sui finanziamenti significava che nessuno alla Queen’s era propenso a reindirizzare la propria ricerca attentamente programmata per dare un’occhiata alla mia idea, specialmente perché le sfumature relative alla nutrizione erano una cosa a cui nessuno stava lavorando all’unità di ricerca sulle malattie gastrointestinali.
Allo stesso tempo, quelli alla Queen’s che si occupavano di nutrizione non erano propensi a stare dietro a idee di frangia come le diete ancestrali.
Ora sono a Montreal ristudiando per diventare medico, che è una meravigliosa nuova opportunità di fare qualcosa di veramente utile e di cui ne valga la pena nella vita.
Spero che per quando avrò finito la mia specializzazione, il grande cambiamento riguardante la percezione della nutrizione del pubblico e del mondo scientifico abbiano smosso le cose al punto che le linee guida pubbliche e l’interesse della ricerca possano essere maggiormente influenzate dall’approccio “cibo vero”. Speriamo!
Alessio: Hai dovuto cambiare idea o fare degli aggiustamenti dalla tua prima pubblicazione?
Ian:
Sorprendentemente non molti. Ogni volta che pensavo di sviluppare una nuova angolatura, rileggevo successivamente l’articolo e realizzavo che era già incluso.
In un certo senso, avrei voluto pubblicarlo un anno dopo, per poter includere il lavoro del team di Alan Cooper sul microbiota orale scheletrico umano, che è consistente con l’idea.
La mia prima pubblicazione non è così facile da leggere, avrei voluto essere in grado di scriverla in un inglese semplice, non come un testo scientifico vuoto, ma mi sono imbattuto in un certo criticismo nel processo di peer review durante un primo tentativo di pubblicazione in Nutrition Reviews. Evidentemente, molti scienziati vedono come inappropriato il tentativo di spiegare una nuova e complessa idea ad un pubblico ampio, così ho dovuto ripiegare su uno stile più scientificamente standard ed impenetrabile per una pubblicazione successiva.
Ora includerei un sottile spostamento di enfasi per chiarire che un semplice e lineare rapporto di proporzionalità tra i livelli di LPS circolanti nel sangue non è probabilmente il driver principale, discorso che ho già spiegato nel 2012, ma in un modo leggermente sobrio e diplomatico.
Certamente all’epoca le persone guardando all’infiammazione, microbiota e dieta erano molto centrati sul ruolo degli LPS, e ho immaginato che avrebbero probabilmente effettuato il peer review per la pubblicazione. Di conseguenza, ho incluso molti riferimenti alla sindrome metabolica e alla ricerca sull’endotossiemia (ndr. Presenza di endotossine nel sangue, di solito associata a ipotensione grave e spesso mortale) sperando di rendere le cose un po’ più facili riguardo a questo.
Non tutti hanno colto che io ho qualificato la questione con una citazione indicante che se fosse così semplice, le diete low fat sarebbero le migliori. L’interazione microbiota- immunità – vagale è probabilmente molto complessa, analogamente alla periodontite forse.
Alessio: Attualmente, stai continuando con la tua ricerca? E quali ostacoli incontri di solito?
Ian:
No, sfortunatamente la ricerca non può andare avanti senza fondi, e non puoi ottenere fondi senza un flusso ininterrotto di risultati positivi che portano a pubblicazioni ad alto impatto.
I miei dati elettrofisiologici durante il training erano quasi sempre dati negativi non pubblicabili (i miei dati suggerivano sempre che l’opzione interessante non avveniva), così la mia carriera di scienziato indipendente si è conclusa ancora prima di iniziare.
La combinazione tra il ‘pubblica o perisci’ con il condizionamento sulle pubblicazioni, assicura che solo le variazioni incrementali della conoscenza già stabilita sono frutto di ricerca, ed è anche il motivo per il quale circa il 50% della letteratura è irriproducibile.
La scienza è attualmente fondamentalmente rotta sotto questo aspetto. Mi piacerebbe contribuire alla ricerca in materia di dieta in futuro, ma ho paura che ci voglia un paradigma finanziario considerevolmente diverso per me per farlo come principio investigativo.
Alessio: Come è stata presa la tua ricerca dai tuoi colleghi, specialmente dai testardi mondi low carbs contro low fat?
Ian:
Questa è un’ottima domanda! Naturalmente, gli avvocati delle diete low-fat sono focalizzati sulla mutevole evidenza di base che le diete low-carb siano eticamente accettabili da finanziare e su cui investigare. Di conseguenza, gli avvocati delle low-fat tendono a vedere la teoria insulinica come l’idea che si oppone al loro modo di vedere il mondo delle diete, e stanno ampiamente combattendo dal loro angolo con la paura in corso delle malattie cardiovascolari o perfino l’aspetto ambientale contro la carne, ora che la relazione tra i grassi saturi e le malattie cardiovascolari sta perdendo la sua presa. Nel frattempo, i teorici dell’ipotesi low carb / insulina stanno godendo il loro evidente trionfo verso la restrizione calorica e lipidica, e non sono ancora stati costretti a riconoscere i difetti del loro attuale meccanismo di interesse. Quindi, l’idea del meccanismo microbiota / cibo reale è riuscita a volare quasi sotto i radar di chiunque. Penso che questo sia dovuto al fatto che ancora troppe poche persone stanno prendendo il microbiota dell’intestino tenue o le diete ancestrali seriamente, e questo può andare avanti ancora per un po’: c’è ancora vita per la teoria insulinica.
Dopo tutto, la teoria low-fat è sopravvissuta come paradigma dominante per almeno 20 anni senza che la dieta funzionasse, quindi la teoria insulinica può resistere ancora per un po’.
Chi lo sa, forse alla fine saranno gli attuali avvocati del low-fat che si impadroniranno della teoria del cibo vero-microbiota come una più credibile strada per discutere, contro quella del bisogno di una via più sostenibile a livello ambientale del mangiare carne. Strane cose sono successe.
Alessio: A parte l’acellularità glucidica, quali sono altre caratteristiche negative della dieta occidentale? Qual e’ la tua prospettiva riguardo al glutine, alle lectine e alle caseine?
Ian:
La mia percezione è che le lectine e le caseine sono di un ordine di magnitudine meno importante, ma possono colpire la persona sufficientemente da garantirne la loro rimozione dalla dieta. Al momento non sono a conoscenza di problemi legati al glutine in individui non celiaci, ma dal momento che le uniche fonti sono cibi che la mia salute metabolica mi preclude di mangiare, non ci penso molto. Tendo a sospettare sia la WGA (ndr. agglutinine del germe di grano) e altre molecole del grano più sospettate in qualsiasi ulteriore effetto infiammatorio o gastrointestinale, piuttosto che il glutine.
Sospetto ancora che le lectine possano essere dietro alcuni degli effetti metabolici ed immunologici di certi cibi in alcune persone, ma attendo una migliore evidenza. Le caseine sono interessanti, mi sembra di ricordare che ci fosse una decente evidenza che avessero effetto di coinvolgere l’insulina, ma alcuni ampi trial clinici sembrano suggerire un effetto protettivo dei latticini ad alto contenuto di grassi (perlomeno contro quelli light) per quanto riguarda le malattie cardiovascolari.
Non mi pare di ricordare di aver visto nulla di convincente che suggerisca il motivo di escludere tutti i latticini dalla dieta, oltre all’acne e all’emicrania per le persone suscettibili a questa condizione. Se ci fosse qualcosa di più vasto, sospetto che la ricerca non sia ancora stata fatta.
Oltre la dermatologia e l’emicrania, sono ancora abbastanza agnostico riguardo ai latticini.
Nonostante penso ancora ad una bella fetta di brie come forma di grasso raffinato.
Il mio pensiero a riguardo dei grassi raffinati è che questi possano essere un problema, sebbene molto meno pronunciati rispetto ai carboidrati raffinati.
Tuttavia, se i grassi raffinati e gli oli sono l’ultima cosa innaturale nella dieta delle persone, sono aperto all’idea che col tempo qualcuno possa sensibilizzarsi verso la loro azione nell’ecosistema microbico, e si potrebbe aver bisogno di evitarli per ottenere un buon controllo del peso e della salute metabolica. Questo è ancora un sospetto, un sospetto forte, ma non posso puntare ad altro che ad un’evidenza circostanziale per supportarlo.
Sarebbe interessante una ricerca che separasse l’effetto chimico dei grassi e degli oli di vari tipi, contro gli effetti prodotti al di fuori dal loro contesto biologico (raffinati).
Alessio: Probabilmente il riso è il cereale più tollerato perché è più “cellulare” a confronto con gli altri e le sue prolamine sono meno dannose della gliadina. Cosa pensi a riguardo?
Ian:
Ad essere onesti, non conosco il profilo proteico del riso. Penso solamente che sia un amido più cereo e connesso rispetto agli sfarinati industriali. Quindi, gli effetti riportati della consistenza del cibo sull’omeostasi energetica (vedere la pubblicazione di Desmarchelier riguardante la consistenza del cibo sui topi) e la minore densità glucidica del riso sembrano essere entrambi consistenti con una minor perturbazione del controllo del peso, agendo sul microbiota del primo tratto intestinale. In termini di effetto infiammatorio, tendo a metterlo più in basso vista l’assenza della WGA e altre sostanze cattive. Certamente tutto ciò è solamente un modello di lavoro basato su una magra evidenza disponibile, abbiamo veramente bisogno più ricercatori che inizino a prendere più seriamente gli evidenti difetti dei cereali più popolari, e iniziare ad investigare i meccanismi e le alternative, incluso il riso o perfino preparazioni alternative di qualche Franken-cereale che evita i problemi ad essi legati, se fosse possibile.
Alessio: Pensi che la ricerca attuale sul microbiota sia sopravvalutata? Pensi che abbia a che fare col business miliardario che vi ruota attorno?
Ian:
Sopravvalutata? – Si e No. Sono più preoccupato che stiano guardando nel posto sbagliato, nel colon, non nel tratto superiore, e pensando alle componenti sbagliate del cibo (le fibre, non i carboidrati in polvere e i grassi raffinati). Penso che sia corretta la conclusione che il microbiota sia enormemente importante, e certamente come nuovo, potente aspetto della salute, sarà una fonte di guadagno per tutte le compagnie, grandi e piccole.
Possiamo solo sperare che la ricerca si sposti verso il tratto superiore dell’intestino e che ci siano interventi alimentari reali, prima che i venditori di fibre e probiotici esagerino e causino una perdita di fiducia nel concetto in toto, quando le persone realizzano che una pillola di crusca non cambierà il loro mondo.
Alessio: Quale ruolo possono realmente avere i probiotici e i prebiotici, considerando che sembra che non si sappia ancora bene quale sia un vero “sano” microbiota e non si sia completamente a conoscenza della reale complessità dell’ecosistema intestinale?
Ian:
Esattamente, e sul lungo termine il cibo che noi mangiamo ogni giorno è probabile che scavalchi ogni cambiamento che noi tentiamo di attuare mediante pro e pre-biotici.
Nel tempo potremmo riscontare che in certe situazioni dopo cambiamenti alla dieta, certe sfaccettature di un ecosistema non sano rimangono “bloccate” per certe persone, e forse un’integrazione di qualche tipo (o forse un ecosistema più complesso nella sua interezza) potrà essere usato terapeuticamente per assistere l’aggiustamento, ipotizzando che il nuovo modo di mangiare sia mantenuto nel tempo. Ma siamo ancora così lontani da questo, al momento sicuramente non sa che pesci pigliare.
Alessio: Ci puoi illustrare una tua giornata alimentare tipo?
Ian:
Oggi per il brunch ho mangiato una mela, una banana, una pera, due carote crude.
Ho bevuto un caffè istantaneo decaffeinato (tutti i caffè macinati ultimamente disturbano il mio stomaco in definitiva, perfino il dec, quindi uso quello solubile) e anche un po’ d’acqua.
Alla sera ho cucinato un mix di carne di agnello e manzo nel wok pressato un una polpetta e poi sminuzzato da cotto (tutto nel suo succo), ho aggiunto circa 70 ml di brodo di agnello e ho aggiunto del fieno greco, cerfoglio, peperoncino di cayenna, jalapeno in polvere, chili, cilantro, sale, pepe, un jalapeno, cipolle, lenticchie e fagioli rosa, mezza indivia affettata, una patata affettata, e poi ho cotto tutto fino a che il brodo si è ridotto bene. Oh, e poi ho mangiato un contorno di baby vongole che avevo avanzato in frigo. Il dessert era un’altra mela e una banana. Il cibo del giorno deve essere organizzato intorno all’orario di scuola, così non posso dire che strutturerei i pasti come se non dovessi essere a lezione tutto il giorno.
Alessio: Pensi che un giorno riusciremo a sbarazzarci del dibattito carbo-proteine-grassi e ci focalizzeremo di più sul concetto di cibo vero contrapposto al cibo finto, o siamo spacciati a rimanere vincolati a questa guerra senza fine?
Ian:
Certamente spero che riusciremo a passare oltre! La scienza prova a semplificare e a quantificare le cose, quindi è difficile finanziare un lavoro e scrivere articoli scientifici focalizzati su pasti composti da cibo reale senza cercare di quantificare ogni cosa ad un livello chimico, e poi cercare di spiegare il tutto utilizzando la chimica.
Come si può perfino quantificare la processazione del cibo ora? Come si potrebbe rappresentare graficamente? I peer reviewers sono lì per discutere fortemente di macronutrienti e quantificazione calorica, visto che è la scienza su cui tutti stavano lavorando fino ad oggi. Ad un certo punto il corpo della letteratura “è cibo non solo sostanze chimiche” raggiungerà una massa critica, quindi le cose si muoveranno in avanti più velocemente. Mantengo la speranza che tra lo zeitgeist in Scandinavia e Brasile, e il crescente clamore da nutrizionisti e dottori per l’approccio al cibo reale che un migliore apprezzamento dei fattori che contano veramente circa la dieta entreranno nella consapevolezza pubblica e nelle linee guida ufficiali. Guardando come siamo arrivati lontani negli ultimi 5 anni, dobbiamo avere speranza.
UN SINCERO GRAZIE a Ian per la sua gentilezza e disponibilità, abbiamo veramente apprezzato!
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