Traduzione ed adattamento di Eva, psicologa specializzata in neuroscienze cognitive
Ricerche bibliografiche: Angelo ed Eva
Note: Angelo
Oggi vi proponiamo un argomento già ampiamente discusso nelle pagine di questo blog, ovvero il ruolo del glutine in soggetti celiaci e non. Nello specifico abbiamo deciso di riportare due studi uno italiano del 1999 e uno, di più recente pubblicazione, (2014) che indagano la relazione tra glutine e depressione.
La dimensione psicologica è sempre di più esplorata all’interno della popolazione celiaca dove molti disturbi neurologici e psichiatrici sono, oramai, comuni. Basti pensare ad un’elevata prevalenza di sintomi ansiosi e depressivi emersa da studi presenti in letteratura. Se da un lato, ciò si presenta come un tratto di personalità, tuttavia, è sempre maggiore l’incidenza di questa sintomatologia in pazienti celiaci non trattati. Un’interessante inversione di questo effetto è stato osservato dopo un anno con un regime alimentare gluten free (GFD). Questo cambiamento osservato dopo la rimozione del glutine può essere simile anche nei pazienti non celiaci con sensibilità al glutine (NCGS).
(1) Nel primo studio, datato 1999, sono descritte le condizioni di tre pazienti adulti con celiachia non diagnosticata o non trattata senza particolari sintomi intestinali, a causa di sintomi depressivi persistenti in tre dei genitori dei pazienti in età pediatrica. In due dei tre casi, il pediatra aveva già sospettato la diagnosi a partire dalla anamnesi familiare dei bambini. In realtà, una diagnosi di malattia celiaca era stata fatta durante l’infanzia, quando avevano manifestato i primi sintomi intestinali, ma la dieta priva di glutine è stata spontaneamente interrotta durante il periodo adolescenziale a causa della scomparsa della sintomatologia. Nel terzo caso la madre è stata testata per gli anticorpi anti-endomisio (EMA) (procedura di routine per effettuare diagnosi di celiachia), avendo un figlio con celiachia diagnosticata. In tutti e tre i pazienti, i sintomi depressivi migliorarono rapidamente con una dieta priva di glutine.
In conclusione, la celiachia dovrebbe essere presa in considerazione in presenza di disturbi comportamentali e depressivi, in particolare se non sono sensibili alla consueta terapia antidepressiva.
(2) Nel secondo studio, invece, gli autori partono dalla ipotesi che l’ingestione di glutine da parte di soggetti non celiaci con sensibilità al glutine (NCGS) possa avere un effetto significativo sullo stato mentale e non necessariamente sui sintomi gastrointestinali.
Si tratta di ventidue soggetti di età compresa tra i 24 e i 62 anni con sindrome dell’intestino irritabile (la sintomatologia è stata rigorosamente controllata in un regime gluten free (GFD)), che hanno intrapreso uno studio cross-over in doppio cieco. I partecipanti, secondo una sequenza randomizzata, si sono sottoposti ad uno dei tre trattamenti dietetici per 3 giorni, seguiti da un minimo di 3 giorni di washout prima di sottoporsi al successivo trattamento. Il regime gluten free è stato integrato con glutine (16 g/die), proteine del siero del latte (whey) (16 g/die) o nessuna integrazione (placebo). La valutazione dello stato mentale (attraverso lo Spielberger State Trait Personality Inventory) e i parametri relativi alla secrezione di cortisolo sono stati registrati prima di sottoporsi alle diverse condizioni sperimentali (valori baseline) e il terzo giorno di ogni trattamento. I sintomi gastrointestinali sono stati valutati tutti i giorni per la durata dello studio.
N.B. soggetti con celiachia erano stati esclusi.
L’ingestione di glutine è stata associata ad un più generale stato depressivo secondo i punteggi ottenuti allo Spielberger State Trait Personality Inventory (STPI) rispetto alla condizione placebo ma non per il regime alimentare che prevedeva l’utilizzo di proteine del siero del latte.
E’ stato ipotizzato che il glutine possa aver avuto un effetto negativo sullo stato mentale dei partecipanti (ndr nessun partecipante a questo studio è clinicamente depresso). In effetti, dal presente studio è emerso che l’esposizione a breve termine al glutine sembrava indurre stati d’animo depressivi.
Il cambiamento osservato per quanto concerne lo stato depressivo è apprezzabile, infatti, i partecipanti partivano da uno “stato depressivo neutrale” (condizione placebo) e, in seguito al consumo di glutine, sono passati ad uno “stato depressivo lieve” (ndr sulla base della scala dei punteggi dello STPI).
(ndr. se avete la pazienza di leggere tutto lo studio, c’è il link a tergo, scoprirete che in realtà con la dieta con glutine sono peggiorati anche altri parametri, anche se non in modo statisticamente significativo: ansia e rabbia. Peggiorato un parametro positivo:la curiosità. Il tutto in soli 3 giorni!!!!).
In conclusione, è interessante notare come il glutine possa svolgere un ruolo fondamentale nel determinare variazioni nello stato d’animo depressivo (ndr già a partire dal terzo giorno nella condizione sperimentale di riferimento) fornendo, tuttavia, uno spunto interessante sul fatto che il miglioramento segnalato dai partecipanti possa essere nella percezione del loro benessere generale, piuttosto che nei sintomi gastrointestinale nello specifico. Una tale associazione, però, sembrerebbe richiedere ulteriori approfondimenti.
Riferimenti:
(1) American Journal of Gastroenterology 1999 Mar;94(3):839-43
Depression in adult untreated celiac subjects: diagnosis by the paediatrician
Corvaglia L, Catamo R, Pepe G, Lazzari R, Corvaglia E.
Link: qui
(2) Alimentary Pharmacology Therapeutics 2014 May;39(10):1104-12.doi:10.1111/apt.12730. Epub 2014 Apr 1
Randomised clinical trial: gluten may cause depression in subjects with non-coeliac gluten sensitivity-an exploratory clinical study.
Peters SL, Biesiekierski JR, Yelland GW, Muir JG, Gibson PR.
Link: qui