“Dacci oggi il nostro PANE quotidiano… Ma liberaci dal male”… Amen! Prima parte.

Scritto da Angelo

Categorie: Nutrizione | Salute

4 Luglio 2016

Adattamento: Angelo

Ragazzi ne ho lette di review ma questa è sicuramente tra le migliori e meglio documentate in assoluto…
Tra le altre cose è a cura della prof. Paola Bressan dell’Università di Padova alla quale porgo i miei più sinceri complimenti e spero d’intervistare quanto prima! Molti degli articoli a riferimento della review sono già stati presentati sulle pagine del nostro blog!

pane

Prima parte di 4

Probabilmente perché la gastroenterologia, l’immunologia, la tossicologia, la nutrizione e le scienze agrarie sono al di fuori della loro competenza e responsabilità, gli psicologi e gli psichiatri in genere non riescono ad apprezzare l’impatto che il cibo può avere sulla condizione dei loro pazienti (ndr. uguale la gran parte dei medici (per non dire tutti), battaglia del nostro blog da anni!). In questa review cerchiamo di aiutare a correggere questa situazione rivedendo, in una maniera non eccessivamente tecnica, come i grani da cereali, la fonte di cibo più abbondante in assoluto nel mondo, possano influenzare il comportamento umano e la salute mentale. Vi presentiamo le implicazioni per le scienze psicologiche dei risultati che, in tutti noi, pane (1) rende l’intestino più permeabile e può quindi favorire la migrazione delle particelle di cibo a siti dove non ci si aspetta, spingendo il sistema immunitario ad attaccare entrambe queste particelle e sostanze cerebrali rilevanti che li ricordano, e (2) rilascia composti oppiacei in grado di causare squilibrio mentale se lo fanno al cervello. Una dieta priva di grano, anche se difficile da mantenere (soprattutto per coloro che ne hanno in gran parte bisogno) (ndr. sinceramente questa non l’ho capita), potrebbe migliorare la salute mentale di molti ed essere una cura completa per gli altri.

Introduzione

Dacci oggi il nostro pane quotidiano (…), ma liberaci dal male
Matteo 6:11, 13

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Circa 12.000 anni fa, quando l’ultima glaciazione si concluse, il rapido cambiamento climatico decimò le nostre fonti alimentari tradizionali (ndr. la carne), soprattutto quelle di grandi dimensioni. Forse in risposta a ciò, nella mezzaluna fertile del Medio Oriente (più o meno le aree che compongono le valli del Levante e il Tigri e l’Eufrate) si è cominciato a praticare l’agricoltura e la domesticazione. All’interno di qualche migliaio di anni questa pratica era iniziata in modo indipendente su almeno quattro diversi continenti (Murphy, 2007),  questo fece stabilire la popolazione che prima era nomade e fece aumentare gli approvvigionamenti alimentari a tal punto che la popolazione umana esplose. Eppure la rivoluzione agricola non ha solo aumentato la disponibilità di cibo, ma anche cambiato radicalmente la sua natura: i cereali, che non erano il nostro alimento abituale, hanno preso rapidamente il centro della scena. Questo articolo illustra la rilevanza sorprendente di questo radicale cambiamento di dieta per i neuroscienziati, gli psicologi e gli psichiatri.

Che l’associazione tra gli esseri umani ed cereali sia stata conveniente per entrambi è fuori discussione. Ogni partner ha aiutato l’altro a riprodursi e moltiplicarsi, e, infine, conquistare vaste zone della terra. Ogni partner si è co-evoluto con l’altro e si è adattato ad esso. Ad esempio, il grano è diventato progressivamente più veloce nella risposta alle nostre preferenze per le colture, più facile da raccogliere e meno vulnerabile al vento. Allo stesso tempo, le nostre facce, mascelle e denti divennero progressivamente più piccole in risposta alla consistenza morbida del pane (Larsen, 1995).

Così addomesticato il grano, in cambio, il grano ci addomesticati (Murphy, 2007).

Eppure la rivoluzione agricola potrebbe essere stata foriera di guai. Ogni volta che le diete a base di grano sostituiscono le diete tradizionali dei cacciatori-raccoglitori, la durata della vita e la statura si riduce, mentre la mortalità infantile, le malattie infettive, i disturbi ossei e la frequenza delle carie dentale diventa maggiore (Cohen, 1987). Alcuni di questi problemi non sono stati mai del tutto superati. Ad esempio, nonostante un graduale aumento della statura 4000 anni fa, quando le diete sono diventate più varie, in media siamo ancora circa 3 cm più bassi rispetto ai nostri antenati pre-agricoli (Murphy, 2007). La co-evoluzione tra l’uomo e il grano ha portato cambiamenti genetici in entrambi, ma non ha mai reso il grano un alimento più adatto per noi di quanto non fosse in origine.

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Uno dei primi suggerimenti che queste circostanze potrebbero avere per le scienze psicologiche è stata la constatazione che, in diversi paesi, i tassi di ospedalizzazione per la schizofrenia durante la seconda guerra mondiale sono scese in modo direttamente proporzionale alla carenza di grano. Negli Stati Uniti, dove nello stesso periodo il consumo di grano è aumentato invece di diminuire, tali tassi invece sono aumentati (Dohan, 1966a, b). Nelle isole del Pacifico meridionale, con un consumo tradizionalmente basso di grano, la schizofrenia è aumentata drammaticamente (grosso modo, da 1 su 30.000 a 1 su 100), quando sono stati introdotti i prodotti da cereali occidentali (Dohan et al., 1984).

Vi è ora una sostanziale evidenza che, a seconda geni portati da oltre un terzo di noi e da fattori apparentemente irrilevanti quali infezioni virali precedenti, l’alimentazione a base pane può influenzare negativamente il nostro corpo e il cervello. Questo articolo esamina la prova di un vasto pubblico di lettori in un linguaggio non troppo tecnico. Le tre sezioni successive presentano le implicazioni per le scienze psicologiche dei fatti che il pane:

  • (1) aumenta la permeabilità intestinale e probabilmente della barriera emato-encefalica in tutti noi;
  • (2) dà origine a una reazione immunitaria a quelli di noi che sono geneticamente predisposti, e
  • (3) si rompe, durante la digestione, in frammenti con attività oppioidi.

La sezione finale discute se un cambiamento nella dieta possa curare i pazienti con la malattia mentale.

Parte 2

Parte 3

Parte 4

Ultima parte

Riferimento:
Front. Hum. Neurosci., 29 March 2016 | http://dx.doi.org/10.3389/fnhum.2016.00130
Bread and Other Edible Agents of Mental Disease
Paola Bressan and Peter Kramer
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