Come iniziare a camminare e correre scalzi? (Parte quarta)

Scritto da Angelo

Categorie: Salute | Sport

16 Febbraio 2015

di: Alessio A.

supervisione: Angelo R.

Barefoot_last

Prima Parte

Seconda Parte

Terza Parte

Introduzione:

Dopo aver appreso i benefici del camminare (o correre) scalzi, mancava un tassello FONDAMENTALE:

Come farlo, partendo da zero, e magari dopo anni ed anni di camminata e/o corsa calzata?

Appreso il concetto che camminare e correre scalzi sia la cosa più fisiologica, salutare e spontanea che esiste, sorge spontaneo chiedersi: ma, dopo anni ed anni di uso di calzature, come posso iniziare senza avere problemi? Verrebbe spontaneo rispondere: “Togliti le scarpe e vai!”, ma non è  così semplice e immediato come può apparire. E’ molto importante tenere presente che siamo “scalzi di ritorno”, nel senso che gli anni che abbiamo passato con le scarpe, hanno influito notevolmente sul nostro assetto posturale e cinetico. Il corpo compie degli aggiustamenti atti a minimizzare il dispendio energetico in base alle condizioni al contorno che vengono applicate. Nel caso delle scarpe, la loro struttura anatomica influenza la diversa attivazione muscolare e il diverso bilanciamento muscolo-scheletrico.

Nelle parti precedenti abbiamo generalizzato sulle più comuni caratteristiche che presentano le calzature più vendute e sui danni che ognuna di queste può provocare  al nostro corpo nel lungo periodo. Ultimamente, in commercio, esistono delle calzature che ovviano parzialmente ai maggiori problemi riscontrati in quelle più “tradizionali”.

Dico parzialmente, perché le cosiddette “minimal shoes”, pur con i loro vantaggi rispetto a quello che le case produttrici ci hanno propinato fino ad ora, non sono e, mai saranno come il piede nudo.

Discussione

Le scarpe minimal, come le Five Fingers ad esempio, risolvono alcuni dei problemi legati alle classiche calzature: hanno una suola molto sottile e flessibile, uno spazio per le dita molto più ampio (addirittura le dita sono separate una ad una), niente tacco e digitale rialzato, per cui il passo torna ad essere un po’ più naturale e si ha una maggiore attivazione dei muscoli plantari. Tuttavia, esse non risolvono completamente il problema legato alla corretta attivazione dei  meccanorecettori posti sotto la pianta del piede.

Come abbiamo visto nelle precedenti parti, tali recettori sono preposti alla calibrazione posturale e cinetica, cioè sono sensibili alla più piccola deformazione in senso longitudinale e verticale in modo da fornire dei feedback continui che permettono la corretta attivazione muscolare volta a minimizzare l’impatto con il suolo e a massimizzare  il bilanciamento.

Alcuni studi hanno evidenziato come anche una semplice calza possa alterare parzialmente questo delicato meccanismo, figuriamoci la, seppur sottile, suola di una scarpa!

Alcuni soggetti che passano da una tradizionale scarpa da running ad una minimal, continuano ad atterrare sui talloni, nonostante le ricerche abbiano ampiamente dimostrato che in questo modo si ha un notevole impatto scaricato direttamente sulla caviglia e sulle articolazioni sovrastanti che può portare ad infortuni più o meno gravi, mentre atterrando sull’avampiede si sfrutta l’effetto ammortizzante dei muscoli plantari, del tendine di Achille e del muscolo gastrocnemio che assorbono l’energia cinetica dell’impatto risparmiando le articolazioni.

In molti casi si consiglia di utilizzare le scarpe minimal come transizione verso il barefoot running ma, a nostro avviso, il loro repentino utilizzo nei soggetti abituati alle scarpe tradizionali è molto pericoloso, in quanto ci troviamo nella sfortunata posizione di non avere né la protezione data dalla scarpa ammortizzata, né la corretta protezione naturale data dalla corretta interpretazione dei feedback sensoriali data dai recettori plantari.

Questo ha portato ad un grande numero di infortuni con la conseguente causa legale verso le Five Fingers, ed ancor peggio all’irrazionale associazione di tali infortuni al barefoot running.

A mio avviso, le scarpe minimal vanno utilizzate invece solo da chi è già un barefooter esperto ed allenato. Vanno utilizzate in particolari situazioni come terreni troppo accidentati, freddo o caldo eccessivi, eventuali competizioni dove occorre massimizzare la prestazione.

In tutti gli altri casi, il piede nudo è sempre la scelta migliore!

Proprio come succede ad un arto dopo un periodo di ingessatura, il “tenero” piede nudo  al quale sono appena state tolte le scarpe dopo anni, è molto sensibile e anche fragile, atrofizzato e spesso presenta degli squilibri artro-muscolari.

La prima fase consiste proprio del riappropriarsi dei meccanismi propriocettivi e lavorare sui muscoli del piede e della gamba, che influenzano l’appoggio podalico, l’altezza dell’arco, ecc..

I primi terreni dove provare a correre sono quelli più facili come il pavimento di casa, l’erba del giardino, il parco, la terra battuta, che permettono un rapidobreak in”.

Possiamo iniziare per pochi minuti al giorno ed aumentare mano a mano il tempo e la difficoltà del terreno, ascoltando sempre i segnali del nostro corpo senza cercare di strafare, come in ogni fase di adattamento che vale per tutte le attività (dall’abbronzatura all’allenamento in palestra).

fivefingers

Occorre stimolare il corpo ad adattarsi sforzandolo pian piano in modo sempre maggiore ma tenendo presente i propri limiti per non entrare nella famosa “fase di esaurimento” o overtraining.

Contrariamente a quanto generalmente si pensi, il tessuto epiteliale rafforzato che si va a formare gradualmente, non è un tessuto calloso ed insensibile, ma uno strato di pelle coriacea e sensibile allo stesso tempo. Ricordando il ruolo dei preziosi meccanorecettori, si evince che il piede necessita di sensibilità, da non confondere con l’ipersensibilità indotta dal continuo utilizzo delle calzature.

Ovviamente il primo contatto con il terreno duro e pieno di protusioni o ghiaia sarà probabilmente percepito dal nostro cervello come “doloroso”, un po’ come avviene dopo che togliamo una benda dall’occhio dopo mesi e la rapida esposizione alla luce ci infastidisce.

Anche il cervello ha bisogno di un certo tempo per ricatalogare le informazioni e reinterpretarle correttamente.

Parallelamente, magari aiutati da un esperto, occorre valutare eventuali problemi posturali che richiedono un lavoro di stretching o potenziamento coi pesi in modo da riequilibrare il sistema atro-muscolare, dato che il semplice togliersi le scarpe può non essere sempre sufficiente dopo anni di squilibri indotti da calzature e da altre cattive abitudini della vita quotidiana.

Una volta che abbiamo ristabilito gli equilibri e i nostri piedi nudi riescono a camminare agevolmente su qualsiasi superficie (i tempi sono soggettivi e sono influenzati da vari fattori come età, storia personale, predisposizione, ecc..) possiamo iniziare la corsa e l’allenamento specifico.

Una volta che siamo dei barefoot runners allenati ed esperti, possiamo allora prendere in considerazione le scarpe minimal come possibile alternativa in base alle esigenze e agli obiettivi personali.

Ovviamente esse richiedono comunque una continua consapevolezza e un’intenzionalità del movimento, visto che come abbiamo detto in precedenza anche la suola più sottile interferisce con la corretta attivazione dei recettori. Per cui bisognerà alternare sempre allenamenti completamente scalzi all’uso delle scarpe minimal.

Riassumendo: i nostri piedi e il nostro corpo, dopo anni di abitudini errate, hanno bisogno di una fase di transizione (più o meno lunga e che può persino durare anni ed è variabile da soggetto a soggetto) e di allenamento per ritrovare la condizione naturale, dopodichè possiamo finalmente riappropriarci del modo più naturale e salutare di camminare e correre.

Va detto che occorre tenere presente che non sempre il comportamento salutare e la prestazione vanno a pari passo. Se uno sport è nato con la scarpa per massimizzare la mera prestazione,  essa potrebbe essere indispensabile, come può essere indispensabile per avere grip o protezione su determinati fondi e in presenza di particolari condizioni meteo (per esempio la corsa in montagna o lo skyrunning). Ognuno di noi deve valutare rischi e benefici associati ad ogni attività che si vuole intraprendere e ad ogni strumento che si vuole utilizzare, tenendo presente che non sempre la prestazione va a braccetto con la salute.

Postilla a tergo:

di Angelo.

bare

In foto: un mio allenamento con Vibram Fivefinger in montagna con fango

La mia esperienza personale ricalca esattamente quanto spiegato sopra dall’ottimo Alessio.

Infatti circa 4-5 anni fa iniziai ad informarmi sul barefoot running e la cosa mi sembrò così logica ed ovvia da mettermi subito all’opera, forse troppo! All’epoca facevo triathon off-road ed il mio scopo era massimizzare la prestazione e minimizzare il rischio infortuni. La strada era dunque corretta ma l’esecuzione del progetto fu completamente errata. Infatti comprai subito un paio di Vibram Fivefingers e due paia di INNOV-8 (una da strada ed una da corsa in montagna). Iniziai ad allenarmi gradualmente con queste calzature a differenziale zero.

Purtroppo:

1-    il fatto che mi allenassi e gareggiassi (sforzi strenui);

2-    il fatto di averlo fatto direttamente con scarpe a differenziale zero senza dare tempo al mio corpo di riabituarsi ad una corsa naturale (utilizzavo all’epoca scarpe a differenziale 9 mm)…

alla lunga e purtroppo non nel breve, peggiorò in maniera drastica la mia capacità di riassorbire infortuni ed infiammazioni. La situazione precipitò nel 2012 quando le mie performance podistiche calarono ulteriormente per via di una doppia sciatica che non mi dava pace. Alla fine un po’ per questo, un po’ per motivi lavorativi decisi di mollare con l’agonismo.

Mollare con l’agonismo, certo, ma in realtà non smisi mai di allenarmi, seppur diminuendo di tanto i volumi, perché mi piaceva e perché mi piace tenermi in forma ed attivo e stare a contatto con la natura nella piena filosofia paleo/evo.

Sulla falsa riga delle considerazioni di sopra continuai ad allenarmi con i principi del barefoot inserendo lunghe camminate in montagna completamente scalzo (sin dall’autunno 2013 approfittando anche per raccogliere funghi…), corsette un po’ scalzo, un po’ utilizzando le vibram… Quasi sempre in montagna.

In estate scarpe abolite, in casa idem…

home

Le infiammazioni man mano rientrarono sia per la forte riduzione dei carichi che per le andature molto più blande. Insomma man mano che i mesi passavano stavo sempre meglio e correvo e mi muovevo più disinvoltamente.

Ho continuato con queste attività per quasi 2 anni ed a maggio 2014 ho deciso di riprendere un minimo di attività agonistica ma solo con gare podistiche (strada e qualche trail). Le cose stavano andando molto bene soprattutto in termini di recupero dagli infortuni/infiammazioni… Certo le vecchie, croniche, infiammazioni si facevano ancora sentire ma erano sopportabili e soprattutto rientravano in fretta.

Normalmente in tutte le sedute di corsa inserisco 2-3 km completamente scalzo o in fase di riscaldamento e/o di defatigamento (in fase di defatigamente sempre almeno 1-2 km). Gli allenamenti di tecnica li faccio sulla spiaggia o sull’erba sempre scalzo. Per gli allenamenti su strada utilizzo le INNOV-8 F-Lite con 3mm di differenziale e, per il futuro, mi piacerebbe acquistare le F-Lite con zero differenziale. Per gli allenamenti in montagna utilizzo già scarpe a zero differenziale: INNOV-8 Baregrip da 200 gr. per allenamenti su fondi molto tecnici e sempre INNOV-8 Trailroc da 150 gr. per allenamenti su fondi sterrati più scorrevoli.

Devo aggiungere che, purtroppo, anni ed anni di “insulti” non possono essere cancellati con un “colpo di spugna” correndo barefoot. Riprendere una corsa naturale come quando si era bambini necessita di calma, programmazione, pazienza e magari farsi consigliare da un esperto in tema, farsi controllare da un esperto biomeccanico mentre si corre, filmarsi, guardarsi, visualizzarsi… Il rischio? Quello che mi è occorso e che ho appena descritto sopra.

Una curiosità… L’altro giorno ho visto in garage le mie vecchie scarpe da corsa A1 ma con differenziale importante (9 mm) le Mizuno Ronin con le quali mi ero tolto grandissime soddisfazioni! Ho provato ad indossarle e correrci… Impossibile! Sembravo ingessato. Non trovavo gli appoggi corretti! Mi sentivo assolutamente inadeguato…

Ultima nota: occhio che correre scalzi provoca dipendenza!

Buona fortuna e buone corse barefoot!

Discussione

Fonti:

“A piedi nudi” – Daniel Howell

www.stevenrobbinsmd.com

www.humanbodyusermanual.com

Why shoes make normal gait impossible – William Rossi

Footwear: the primary cause of foot disorders – William Rossi

Fashion and foot deformation – William Rossi

Shod versus unshod: The emergence of forefoot pathology in modern humans? – B. Zipfel L.R. Berger

www.barefootrunning.fas.harvard.edu

http://www.runbare.com

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2095254614000374

“Anatomy trains” – Tom Myers

“Barefoot walking” – Michael Sandler and Jessica Lee

www.barefooters.org

www.unshod.org

http://ahcuah.wordpress.com/

www.nati-scalzi.org

The Truth About Plantar Warts

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